La vocazione orologiera della villa di Pesariis venne ufficialmente sancita nel 1725, anno di fondazione dello stabilimento dei Solari.

Ma già precedentemente, si presume dalla seconda metà del XVII sec., in molte case veniva costruito un tipo di orologio da parete robusto e tecnicamente evoluto.

Le ipotesi circa le origini dell’orologeria pesarina formulate fino ad ora sono sostanzialmente due: la prima fa riferimento ad una figura romanzesca, un pirata genovese di cognome Solari, che si sarebbe rifugiato a Pesariis, dedicandosi poi con successo alla produzione di orologi ed espandendo la sua attività fino alla fondazione della fabbrica.

La seconda spiegazione si rifà invece ai movimenti migratori del XVII secolo ed al fenomeno dei cramârs che, nella zona settentrionale della Carnia si erano specializzati nel commercio di stoffe e droghe (spezie) la cui destinazione erano “las Germanias”.

Secondo questa ipotesi, è plausibile che qualche pesarino dedito al commercio ambulante, abbia visto ed appreso nelle Germanie – in particolare, nei villaggi della Foresta Nera – i segreti della meccanica dell’orologeria che in quei paesi era già molto sviluppata.

A prescindere dalle possibili ipotesi che, in mancanza di testimonianze scritte restano tali, a partire dalla seconda metà del 600, nelle case di Pesariis cominciò ad essere fabbricato un tipo di orologio da parete in ferro, con caratteristiche meccaniche molto simili a quello tipico della Foresta Nera, da cui però si differenzia per essere costruito completamente in metallo – ferro battuto, od ottone e ferro – anziché in legno e con minori ornamenti, presumibilmente per motivi economici.

Nella maggior parte dei casi gli orologi venivano fabbricati su commissione per essere appesi sotto il portico delle case pi ricche; in altri, il fabbricante o i suoi figli se li caricavano in spalla a mo’ di crascina (la “valigia” dei cramârs) ed andavano a venderli nel Veneto e nel Friuli.

Parallelamente, in quest’epoca si registrò un calo delle migrazioni dal canale di San Canciano: evidentemente l’attività era già redditizia.

Nel 1725 venne fondata la Fària (fabbrica) a nord dell’abitato di Pesariis, probabilmente in corrispondenza di un precedente casolare o mulino.

La produzione si mantenne a livello artigianale, ma si cominciarono a costruire anche orologi da torre, naturalmente su commissione, dati mole e costo.

Le prime attestazioni risalgono alla fine del XVIII sec.: nel 1789 Antonio Solari costruì e pose in opera l’orologio della torre comunale della città di Cherso, come da attestato della Podestaria di quella città riportato nel catalogo pubblicato dalla Solari nel 1906.

Nel corso del XIX sec. vennero introdotte le prime macchine per la lavorazione che consentirono di perfezionare ed aumentare la produzione, portando prosperità a tutto il paese.

Fino al secolo scorso, infatti – prima della divisione in due tronconi della fabbrica – nella lavorazione degli orologi era coinvolta gran parte della comunità: oltre ai tecnici ed agli operai, c’era chi fabbricava le casse di legno dei pendoli (e successivamente degli orologi registratori) e chi preparava gli imballaggi per la spedizione; veniva coltivata e lavorata la canapa per le corde di sostegno dei pesi e parte della lavorazione era svolta nelle case, proprio come nel 1600.

Nel corso dell’800, la ditta si trasformò da impresa individuale in “Fratelli Solari” e, agli inizi del secolo scorso, la Fratelli Solari già esportava orologi da torre in tutti i paesi prospicienti l’Adriatico e nelle Americhe.

Gli orologi venivano montati sul posto ad opera di uno dei soci della ditta, che per l’occasione era ospitato dalla parrocchia o dal comune.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, e soprattutto negli anni Trenta, l’ultima generazione di Solari a capo della ditta, riuscì ad ottenere importanti commesse cui, grazie soprattutto al genio progettuale di Remigio ed alla capacità manageriale di Ciro, fece fronte apportando grandi innovazioni tecnologiche. Il grosso della produzione, però, dagli orologi da torre si era spostato verso altri, nuovi tipi di congegni, come ad esempio gli orologi senza lancette.

Quello costruito per il palazzo delle Poste di Napoli costituiva un monumentale esempio delle capacità di progettazione di Remigio: si trattava infatti di un enorme reticolo di circa 5-6 metri d’altezza in cui, su fondo bianco, comparivano e scomparivano dei rettangoli neri che andavano a formare l’indicazione dell’ora in numeri romani e dei minuti in cifre arabe, con illuminazione notturna: un vero capolavoro della meccanica, purtroppo distrutto durante un bombardamento.

Sempre fra gli anni Trenta e gli anni Quaranta la Solari vinse l’appalto per la fornitura di orologi a puntine scriventi per le Ferrovie dello Stato, ossia per orologi collegati ad una serie di pennini che, scivolando su un rullo di carta rotante, indicano i movimenti che avvengono in una stazione in ogni punto temporale, analogamente alle scatole nere degli aeroplani.

Nel 1939, di comune accordo tra fratelli e cugini, avvenne la divisione in due rami, sancita ufficialmente tra il 1947 ed il 1948 : si costituirono così la Fratelli Solari di Pesariis e la Solari di Udine.

Durante il conflitto mondiale, Remigio aveva cominciato a studiare un meccanismo nuovo per gli orologi timbratori, realizzando uno strumento che si sarebbe rivelato estremamente innovativo e di grande successo; nel contempo, la produzione della fabbrica subì una forte riduzione a causa delle vicende belliche, anche se gli aneddoti riportano che tutto il metallo di bombe e cannoni rinvenuto veniva fuso per costruire telai ed ingranaggi.

Con la ricostruzione post-bellica, la Solari sfruttò la fiducia di cui godeva, riuscendo ad aggiudicarsi l’80% degli appalti delle Ferrovie dello Stato e tornando quindi in piena attività.

Nel 1964, dopo due “Compassi d’Oro”, di cui uno vinto per l’orologio a scatto di cifra con cambio diretto, ed una storia di crescente successo alle spalle, la Solari di Udine venne venduta alla Pirelli dopo sofferta decisione di Fermo Solari il quale riteneva che solo una grande potenza industriale come quella torinese avrebbe potuto apportare nuove energie per attuare un necessario rinnovamento.

Attualmente, lo stabilimento di Pesariis fa parte dello stesso gruppo di quello di Udine; a capo dell’azienda non vi è più alcun Solari.

La produzione continua, però non vi sono più prodotti esclusivamente “pesarini”. Non più a Pesariis, ma sempre in vallata, un altro ramo dei Solari – di nuovo due fratelli, Pino e Vero – continua ad occuparsi, accanto ad altri tipi di congegni, del restauro di orologi da torre antichi ed alla fabbricazione di nuovi, anche se ormai non sono più mossi da pesi ricavati dalle pietre del torrente bensì da microprocessori.

Il paese, però, da circa una quindicina d’anni va riscoprendo la propria memoria storica e, grazie a coraggiose iniziative di privati e degli enti pubblici locali ha dato vita ad alcune iniziative volte alla recupero ed alla rivalutazione culturale e turistica della tradizione di un tempo.

Nel 1996, infatti, ad opera del Comune di Prato Carnico, dopo lunga opera di ricerca storica e di recupero di orologi, strumentazioni, documenti, è stata allestita una piccola ma peculiare Mostra dell’Orologeria, che, dai più antichi modelli a parete di produzione domestica locale, giunge ai recenti modelli a led lungo un percorso che mostra tutta l’evoluzione delle tecniche costruttive delle macchine del tempo, con particolare riferimento agli orologi da torre.

All’inizio del Duemila, su idea progettuale dell’Amministrazione Frazionale di Pesariis, ha preso corpo il “Paese degli Orologi” che, accanto il ripristino e la valorizzazione dell’impianto architettonico del paese, consiste nel percorso dell’orologeria monumentale (alla fine, ventiquattro orologi pubblici, compreso quello del campanile) che ripercorre l’intera storia delle macchine del tempo, dalle meridiane ai giorni nostri.